Apple vs Hi-Res Audio, ovvero: perché la Mela non va verso l’audio in HD
Nonostante il susseguirsi di annunci, di servizi dell’ecosistema Apple compatibili con l’audio ad alta risoluzione non ce n’è neanche l’ombra. Perché? E perché Apple ha comprato Beats?
Qualche giorno fa, il sempre arguto magazine online Computer Audiophile ha pubblicato un interessantissimo editoriale in cui cerca di fare il punto sul mondo Apple e sul perché per almeno altri 5 anni non affronterà il mondo dell’audio ad alta risoluzione.
Nonostante l’annuncio sia atteso da tempo, neanche nelle prossime release di iTunes, OSX e IOS è previsto il supporto all’Hi-Res Audio, e men che meno a file di qualità CD, ma l’ecosistema della Mela continuerà imperterrito con in suoi file compressi e a una risoluzione massima di 256 kbps.
La prima ragione, forse quella fondamentale, secondo gli analisti del magazine americano, è che Apple è coinvolta nell’azionariato di compagnie telefoniche (soprattutto di telefonia mobile), in primo luogo AT & T, Verizon e T-Mobile, ovvero alcuni dei principali fornitori di connettività wireless negli USA. Che tutto vogliono tranne che si incrementi il consumo di banda dei singoli utenti e che tagliano drasticamente le performance in download al superamento del consumo di una certa soglia. Non sarebbero affatto contente se per scaricare una canzone si debba passare da 4 Mb a 100 Mb.
Apple è una società che – a prescindere della qualità intrinseca dei suoi prodotti – lavora soprattutto attraverso leve di marketing. E 10 (anzi, 9,99) è il suo numero magico. 9,99 dollari per acquistare un album intero su iTunes, 0,99 per una canzone. Il tutto per avere musica al più a 256 kbps “masterizzata per iTunes” (ovvero equalizzata). Dopo aver impiegato anni a convincere le case discografiche a guadagnare poco, quest’ultime stanno mungendo gli audiofili da HDTRacks o da altri canali, facendogli pagare almeno 20 dollari per un album in alta risoluzione (e fra poco arriverà anche Pono!). Finché non avranno anche l’ultimo centesimo dagli appassionati audiofili, di “regalare” musica in HD a prezzi Apple (12 dollari per un album?) non se ne parla proprio.
Apple potrebbe pensare di far scaricare musica in HD solo con connessioni via filo ma… i suoi computer desktop nel mondo sono 80 milioni, contro le diverse centinaia di milioni di dispositivi portatili in circolazione (iPhone, iPad, iPod). Da un’analisi dei comportamenti dei suoi utenti, inoltre, Apple sa bene che la maggior parte delle persone non collegano i loro device al computer fisso. Mai.
Apple ha recentemente comprato Beats per 3 miliardi di dollari. Pensate che lo abbia fatto per le sue (discutibili ma di successo) cuffie? Davvero pensate che Apple non poteva comprare sul mercato qualsiasi tecnologia (migliore di quella del marchio di Dr Dre)? O assoldare i migliori designer del mondo e fare di meglio? Secondo Computer Audiophile, la vera ragione è un’altra. È che Beats è proprietaria dell’omonimo streaming service musicale, di larghissimo successo. E che Beats ha una credibilità in ambito Cloud che Apple non ha mai raggiunto, anzi ha compromesso con i fallimenti di MobileMe prima e di iCloud poi.
E inoltre, davvero pensate che Apple venda i suoi dispositivi sulla base delle loro caratteristiche tecniche? Che abbia bisogno di fare come HTC, che sta cercando di risollevare le sue sorti anche con il nuovo modello HTC One M8, che “suona” FLAC a 24 bit e 192 kHz? Apple da sempre vende emozioni contornate da tecnologia, vende un’esperienza d’uso, non specifiche tecniche. Semplicemente perché non ha bisogno.
E inoltre, sempre sulla base delle sofisticate analisi che Apple fa sui suoi clienti, il passaggio dai file a 128 kbps che vendeva in origine ai 256 kbps è avvenuto perché la gente ne apprezzava la differenza. A pochissimi (solo agli audiofili) importa di risoluzioni superiori (o semplicemente non ne percepiscono la differenza).
E qui veniamo alle noti dolenti. Come mai accade quanto descritto nel capoverso precedente? Noi di QuotidianoAudio ormai da tempo lamentiamo colpe di tutto il sistema industriale dell’HiFi, che ha creato un “buco culturale” di almeno 20 anni che sarà difficilissimo (se non impossibile) colmare. Là dove i più navigano a vista e annaspano in un mercato asfittico, là dove lo sport preferito è il lamento libero, è necessario (ri)creare una platea di appassionati. Mai come oggi la musica fa parte delle nostre vite e di quelle dei giovani, mai come oggi è semplice accedere a cataloghi sterminati di musica, mai come è oggi è facile soddisfare qualsiasi tipo di gusto musicale, anche di nicchia.
Mai come oggi ai più importa così poco della qualità della riproduzione.
Per fortuna c’è qualcuno che sta pensando di investire a medio e lungo termine sui giovani (B&W, giusto per fare qualche nome, questa estate sta facendo una operazione interessantissima, di cui vi parlammo qualche settimana fa), ma è comunque troppo poco. Noi di QuotidianoAudio ci crediamo così tanto che non ci lasciamo spaventare dal muro di gomma contro cui abbiamo sbattuto (e continuiamo a sbattere) provando a portare le nostre idee dal cyberspazio verso la terra ferma, a dispetto della miopia degli operatori del settore di casa nostra.